E'
notte accendo il computer per controllare la posta. Il messaggio che
leggo è una morsa allo stomaco.
“ … uno
dei bambini è in lista d'attesa per il trapianto al cuore . . . scriveresti un racconto? . . . un abbraccio Celo”
Rileggo
il messaggio, la sensazione non cambia, è pura tristezza.
“ Non
posso, non posso inventare . . . non so scrivere un dolore che non
conosco . . . " questa è stata la mia risposta.
Spengo
il computer. Ma il pensiero è rimasto su quelle poche righe.
Non
ci riesco, torno indietro e scrivo. Scrivo di getto, parole che
escono da sole e lo invio. Così senza neppure rileggerlo.
Celo
mi risponde . . . “ . . . ho letto il racconto in classe . . . ti prego
continua . . .”
E'
così che nasce questo racconto. Un piccolo racconto diventato grande
grazie a ventiquattro bambini e alla loro maestra di italiano. Il
disegno , che ho usato per la copertina , è uno dei loro , tanti ,
disegni su questo racconto.
Un
cuore nuovo per papà
Questa
è una storia piccola, piccola, scritta di notte per un bimbo
lontano.
Una
storia forse un po’ triste, forse un po’ no.
Il
nostro protagonista non avrà un nome, perché ne dovrebbe avere
tanti. Io lo chiamerò orsetto, voi gli darete il nome che vorrete.
Un
piccolo orsetto, un giorno, ascoltando i grandi parlare, scoprì che
il suo papà doveva subire un’operazione, un’operazione al cuore.
“Ma
come al cuore?”, si chiese l’orsetto.
L’orsetto
si rattristò moltissimo. Ma come potevano cambiare il cuore al suo
papà? Questo non era proprio possibile!!! E lui? Come avrebbe fatto
con un papà col cuore nuovo? A chi voleva bene quel cuore nuovo? Ci
sarebbe stato un posticino anche per lui? Oppure quel nuovo cuore era
già pieno, pieno di mille altri affetti? L’orsetto passava le
notti a piangere, a porsi mille e più domande.
Una
notte si alzò piano, piano e si avvicinò al papà che dormiva. Gli
si accostò all’orecchio e iniziò a sussurrare: “ Cuore del mio
papà come faccio a restarti dentro? Dove andrà l’amore per me
quando tu non ci sarai più?”
L’orsetto
parlava e piccole lacrime gli scendevano bagnandogli il musetto.
Restò
lì a parlare nell’orecchio del papà ancora un po’. Poi piano,
piano si alzò e ritornò nel suo lettino.
L’orsetto,
al buio, non si accorse che altri occhi versavano calde e sofferenti
lacrime, erano quelli del suo papà.
L’orsetto
era così triste, stanco, stremato dalle lacrime che si addormentò
profondamente. Quella notte fece un sogno meraviglioso. Sognò il
cuore del suo papà che gli parlava.
“ Carissimo
il mio orsetto bello, perché sei così disperato? Perché piangi
così tanto? Come puoi pensare che il tuo papà potrà mai
dimenticarsi di te? Pensi veramente che potrà mai cancellare il tuo
nome, il tuo musetto? No, non potrà mai farlo. I tuoi occhi, la tua
voce, il tuo sorriso, il tuo nome e anche le tue marachelle sono ben
incise nella sua mente. Chi mai potrebbe cancellarle? Pensi che io
possa farlo? No, piccolo orsetto. Io sono solo un organo, una pompa
che pompa il sangue e lo invia a tutto il corpo. Hai presente il
pozzo in giardino? Il pozzo a cui il nonno collega la gomma per
annaffiare i fiori? Ecco così, io sono il pozzo che manda il sangue
che annaffia il corpo. Dormi sereno orsetto, il cuore, quello vero è
nella mente.”
Mentre
l’orsetto dormiva e sognava, accanto a lui sedeva il suo papà. Il
papà gli accarezzava la testa, gli spostava il ciuffo ribelle dagli
occhi, gli sfiorava le guance.
Che
cosa poteva fare, dire per rasserenare il suo amore? Lo prese in
braccio e iniziò a cullarlo. Mentre lo dondolava le lacrime
sparirono e un gran sorriso lo illuminò. Che cosa doveva fare?
Niente, non doveva fare niente. Semplicemente doveva essere forte.
Forte per lui e per il suo orsetto. Doveva sorridere, sorridere ed
essere sereno. Abbracciò forte il suo orsetto dicendogli: “ Papà
sarà sempre qui” e gli baciò la fronte.
I
giorni passarono, un po’ lenti ed a volte troppo in fretta, ma al
papà non mancava mai un sorriso per il suo orsetto e all’orsetto
non mancava mai un sorriso per il suo papà.
Quei
sorrisi avevano un potere magico, regalavano serenità ai loro
pensieri, davano forza alle loro menti, erano più grandi di un
abbraccio forte, forte.
Così
arrivò il giorno tanto atteso. Tutti insieme accompagnarono il papà
all’ospedale. Ognuno di loro aveva un dono. Chi portava un sorriso,
chi una risata, qualcuno anche una lacrima, qualcun' altro solo un
silenzio. Ma erano tutti doni grandi.
Anche
l’orsetto aveva un regalo per il suo papà. Si arrampicò su di lui
come se fosse stato un albero e dandogli un abbraccio stritoloso gli
disse: “ Papà questo è per te. Questo è il regalo che il tuo
cuore ha fatto a me ed io lo voglio dividere con te.”
Il
papà prese il dono e lo aprì. Era il disegno più bello che avesse
mai visto. L’orsetto aveva disegnato un grosso cervello dai mille
colori e dentro vi era un piccolo cuore rosso.
Gli
occhi del papà sembravano due grandi, limpidi laghi, guardò il suo
orsetto ma non riuscì a parlare. Poteva solo abbracciarlo un po’
più forte.
Quel
disegnò accompagnò il papà in sala operatoria e quando il papà si
risvegliò, lo vide. Era lì appeso proprio di fronte a lui. C’era
un tratto, un segno in più, cos’era? Il papà guardò meglio, era
un sorriso. Qualcuno nella sala operatoria aveva aggiunto un sorriso.
Tutto
passò come doveva passare e quando il papà tornò a casa era il
papà più felice del mondo.
Poteva
tornare a giocare col suo orsetto, poteva andare di nuovo a pescare.
Aveva
anche tante cose da raccontare, mille sorrisi da regalare ed altri
mille da ricevere. Ma, soprattutto, aveva il suo meraviglioso
disegno, un disegno pieno d’amore.
Maria
Maddalena Corrado ©